Centenario e quasi cieco ebbe un ruolo fondamentale nella quarta crociata
Enrico Dandolo, nato verso il 1107, fu il quarantunesimo doge di Venezia. Venne eletto nel 1192, quindi alla veneranda età di ottantacinque anni, quando era ormai divenuto cieco, non si sa se per malattia o per altre cause. Nonostante l’età e la menomazione ebbe una grande energia che spese a vantaggio della sua patria e la grande occasione gli venne quando, nel 1202, prese l’avvio la quarta crociata promossa da papa Innocenzo III.
I feudatari che vi presero parte optarono per una spedizione navale verso l’Egitto e la loro scelta per procurarsi una flotta cadde su Venezia. Le risorse economiche di cui disponevano non risultarono però sufficienti per far fronte alle spese e, una volta a Venezia, il Dandolo trovò il modo di risolvere la difficoltà: il comune veneziano si unì alla spedizione e in cambio di una dilazione del pagamento chiese ai crociati di conquistare la città dalmata di Zara, ribellatasi al suo dominio. La proposta suscitò molte perplessità essendo tra l’altro Zara una città cristiana, ma gli interessati altro non poterono fare che acconsentire e, il 10 ottobre del 1202, una grande flotta prese il mare dal Lido di Venezia alla volta dell’Oriente. Vi si era imbarcato anche il vecchio doge.

Carlo Saraceni e Jean Le Clerc, Il doge Enrico Dandolo e i capitani dei Crociati giurano i patti a S. Marco
Zara fu conquistata e il papa, furioso, scomunicò la spedizione. Le anomalie non erano comunque finite: durante la sosta invernale i crociati furono raggiunti dagli ambasciatori di Alessio Angelo, figlio di Isacco II, l’imperatore di Costantinopoli deposto e fatto accecare dal fratello. Il giovane Alessio chiese di essere aiutato a recuperare il trono facendo mirabolanti promesse che naturalmente mai avrebbe potuto mantenere. Tra i crociati vi fu grande sconcerto; alla fine però i capi della spedizione (tra cui il doge e il marchese Bonifacio di Monferrato) decisero di aderire alla richiesta e la flotta fece vela alla volta di Costantinopoli. Qui però non tutto andò secondo le previsioni e gli occidentali restarono a lungo accampati sotto le mura della città. La situazione finì per precipitare e nell’aprile del 1204 gli alleati la conquistarono istituendovi un impero latino di Oriente destinato a durare fino al 1261.
Enrico Dandolo svolse un ruolo fondamentale in tutte queste vicende e ancora, l’anno successivo, quando l’imperatore Baldovino I andò ad affrontare i Bulgari in Tracia, prese parte alla spedizione guidando poi, dopo la disastrosa sconfitta delle forze latine, la ritirata dei superstiti alla volta di Costantinopoli. Di lì a poco morì e venne sepolto a S. Sofia di Costantinopoli dove ancora si vede la lapide che ne ricorda il nome.

I cavalli di San Marco, uno dei capolavori sottratti a Costantinopoli da Venezia in seguito alla IV crociata
Impossibile dire se il Dandolo e con lui i crociati finirono casualmente a Costantinopoli o, se soprattutto da parte veneziana, vi fu una premeditazione. Questa tesi può essere avvalorata dal fatto che da qualche tempo i rapporti fra Venezia e Bisanzio si erano fatti difficili e la città lagunare non intendeva perdere i ricchi mercati del Levante in cui da più di un secolo aveva una posizione di privilegio. Sta di fatto, comunque siano andate le cose, che la conquista della città imperiale fece affluire a Venezia le meraviglie artistiche qui ancora visibili e che, con ogni probabilità, sarebbero andate perdute nel corso delle vicende successive legate alla fine dell’impero di Bisanzio.
Per saperne di più: Alvise Loredan, I Dandolo; Quarta Crociata, Venezia Bisanzio Impero latino, a cura di Gherardo Ortalli, Giorgio Ravegnani, Peter Schreiner; Paul Rousset, L’ideologia crociata; I cavalli di San Marco, catalogo della mostra. Leggi anche La Quarta Crociata o Crociata dei Veneziani.

Elisabetta Ravegnani

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